L’amore più grande dietro il match perfetto: così donatore e ricevente legano le proprie vite
La lettera piena di gratitudine e sentimento inviata da un trapiantato alla sua sconosciuta donatrice. Il punto sulle donazioni del dott. Giuseppe Cappucci, responsabile biologo del Laboratorio di Immunogenetica di Casa Sollievo della Sofferenza.
Ci sono rapporti speciali, che nascono all’improvviso, figli di un match perfetto e salvifico. Rapporti di altruismo e amore puri, che donano speranza e futuro, e che fanno sentire l’altra persona parte della propria vita, da sempre. Come fratello e sorella.
Sono questi i sentimenti che emergono nella lettera che un uomo del Lazio, sottoposto a trapianto di cellule staminali emopoietiche, indirizza alla sua “sorellina”, ovvero la donna – donatrice iscritta al Centro Donatori IBMDR di Casa Sollievo della Sofferenza – che gli ha donato una seconda possibilità di vita. Lui non sa chi sia, ma sa che, dal giorno del trapianto, le loro vite saranno connesse per sempre. “Ciao sorellina. È così che mi piace chiamarti da quando ho saputo che la persona che mi avrebbe donato una parte di sé sarebbe stata una donna. Ho provato tante volte ad immaginarti pensando al colore dei tuoi capelli, dei tuoi occhi, al tono della tua voce, al modo in cui ridi e a quando ti emozioni ma ogni volta che lo faccio, a prescindere da come ti immagini, ti vedo sempre bellissima piena di vita e di amore”, scrive.
“Ho pensato tanto a cosa scriverti immaginandomi mille discorsi su di me e sul mio percorso di vita e di malattia e su di te, come se le nostre vite fossero su due binari paralleli. Quello che hai fatto per me è un qualcosa che difficilmente può essere spiegato a parole, un qualcosa che trascende il tempo, lo spazio e qualsiasi logica di pensiero e che ci lega per il resto delle nostre vite, come se un filo invisibile ci unisse percorrendo la distanza che ci separa. Ti penso sempre”, continua, grato, il ricevente. “Ti penso nei momenti tristi e in quelli felici. Ti penso quando abbraccio la mia famiglia che adesso mi vede stare bene. Ti penso quando parlo della mia storia e condivido quel messaggio d’amore che tu silenziosamente e senza rumore hai urlato a gran voce rendendomi per sempre parte di te”, si legge nella lettera.
“Sappiamo bene che questa vita è tanto imprevedibile e per quanto sia assurda e a volte crudele, avere la consapevolezza che là fuori, da qualche parte, c’è una persona pronta a donare se stessa per qualcun altro mi fa pensare che il mondo è sicuramente un posto migliore. Grazie per avermi regalato la possibilità di vedere le cose sotto un’altra luce con una prospettiva diversa e migliore. Grazie per l’amore che hai per te stessa e grazie per quello che hai donato a me. Sarò sempre al tuo fianco sorellina”, conclude.
Parole che esprimono appieno il senso di gratitudine per il dono ricevuto, che è (e resta) anonimo e gratuito. Vite legate insieme per sempre dal caso, dalla fortuna e da quel match perfetto trovato, tra milioni di combinazioni possibili (nei registri internazionali si contano 45milioni di giovani donatori), dai biologi e dai tecnici che operano nei laboratori di tipizzazione genomica, come quello presente all’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, gestito dal dott. Giuseppe Cappucci, responsabile biologo del Laboratorio di Immunogenetica dell’ospedale di San Pio, che da oltre 15 anni gode dell’accreditamento europeo nel campo dei trapianti di cellule staminali e di organi. La struttura lavora in continuità con l’Unità Operativa Trasfusionale, il cui referente è il dott. Giuseppe Fania.
Dott. Cappucci, quanto tempo di vuole, in media, per giungere ad un accoppiamento vincente?
La fortuna di essere collegati ai registri internazionali (sono 74 in tutto il mondo) ci da l’opportunità di trovare più velocemente un donatore. Oggi, grazie ai nuovi protocollo e alle tecnologie sempre più avanzate, riusciamo a studiare e mappare i geni in tempi rapidi (una settimana, dieci giorni al massimo) e oltre il 95% dei pazienti riesce a trovare un donatore, nei registri italiani o internazionali. Per chi dona, è bene ribadirlo, il rischio è prossimo allo zero; è una procedura sicura, cui possono sottoporsi i soggetti di età compresa tra 18 e 35 anni, con peso corporeo di almeno 50 kg e che godano di buona salute.
Quale percentuale di compatibilità viene accettata per procedere ad un trapianto?
La percentuale, nel caso di donatore da registro volontario, deve essere prossima al 100%. Una percentuale inferiore è accettata solo in caso di donatore proveniente dallo stesso nucleo familiare, quando cioè donatore e ricevente condividono, dal punto di vista immunologico, alcune condizioni specifiche.
La “fortuna” è una componente poco scientifica, ma importante…
Sì, è indubbio. Ci sono pazienti che trovano nei database anche tre donatori compatibili. Ma c’è una piccolissima percentuale, circa il 5%, che non riesce a trovare nessun donatore tra milioni di profili, per via di componenti genetiche personali particolari. Questi pazienti rientrano nella sacca dei portatori di geni rari.
Ogni caso diventa una sfida: come viene affrontata in laboratorio e cosa si prova quando si trova il match perfetto?
E’ una sfida che si affronta in due modi: innanzitutto studiando il paziente il più velocemente possibile e analizzando tutti gli aspetti del suo dna. Studiando a livello di definizione alto e veloce si immettono i dati in questo database in cui sono iscritti oltre 45milioni di giovani donatori che si offrono senza conoscere il paziente. Parallelamente, viene individuato sempre un ‘piano b’ all’interno della famiglia, giungendo a studiare, in casi estremi, anche i cugini di primo grado.
Per il paziente che deve sottoporsi a trapianto, infatti, non è possibile interrompere la procedura avviata per eventuali cause sopraggiunte (ad esempio se la donatrice è risultata, nel frattempo, positiva al test di gravidanza). Bisogna sempre avere una valida alternativa. Quella piccolissima percentuale che non riesce a trovare alcun donatore, invece, deve continuare con le cure ad oltranza.
Il vostro è un lavoro preziosissimo, ma che di fatto resta chiuso tra le mura del laboratorio: cosa si prova dinanzi alle parole di quella lettera, sapendo che il match salvifico e che ha generato quel sentimento di amore e di vita così forte, è frutto del vostro impegno e caparbietà?
Si prova una gioia e una emozione immensa. Sono parole che ripagano tutto il lavoro, lo studio e l’impegno profuso.
Quali sono i flussi gestiti dal centro di Casa Sollievo?
Nel nostro laboratorio di tipizzazione eseguiamo 5mila analisi genetiche all’anno e inseriamo nel database quasi 500 donatori all’anno, da tutta la provincia di Foggia. Ogni anno, 2-3 nominativi vengono selezionati per donare a pazienti di tutto il mondo. Può sembrare poco, ma tra milioni di donatori è un numero ragguardevole. Studiamo anche i donatori internazionali selezionati per eseguire i trapianti nel nostro centro: a Casa Sollievo, infatti, vengono effettuati circa 40 trapianti di cellule staminali da donatori non consanguinei, risultando il primo centro in Puglia.
Quante volte un donatore può essere chiamato a compiere questo gesto d’amore?
Una sola volta da registro. In alcuni casi lo stesso donatore può essere chiamato una seconda volta, per lo stesso paziente, per donare i linfociti nel caso in cui il ricevente manifesti difficoltà di ripresa dal punto di vista immunologico. Dopodiché il nominativo uscirà dai registri e il donatore sarà seguito dal centro di riferimento per i 10 anni a seguire. Può invece donare una seconda volta il donatore individuato all’interno della famiglia.
Cosa si può fare per migliorare i processi della donazione?
Informare e sensibilizzare. Ai ragazzi che periodicamente incontriamo nelle scuole dico sempre che i donatori sono portatori di vita, perché offrono una nuova speranza a pazienti affetti da gravi patologie onco-ematologiche. Si diventa, quindi, strumento di una grande opportunità: quando non funziona più la chemioterapia, l’unica alternativa rimane il trapianto di cellule staminali.
fonte: www.foggiatoday.it