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Mi chiamo Roberta e nel maggio di qualche anno addietro mi è stata diagnosticata una leucemia mieloide acuta.

Da alcuni giorni presentavo qualche disturbo come stanchezza e debolezza ma sinceramente non ho dato loro molto peso, dato che ero entrata da poco in menopausa, almeno fino a quando un giorno mi è venuta la febbre alta, cosa per me decisamente anomala in quanto non sono quasi mai stata predisposta a febbre.

Il giorno dopo mi sono quindi recata dal mio medico condotto per il certificato di malattia e, considerando il malessere dei giorni precedenti, anche per richiedere un’impegnativa per degli esami di controllo.

Effettuato il prelievo, avrei dovuto aspettare due giorni per avere gli esiti ma, ahimè, la sera stessa mi contattarono dicendomi che non andavano bene e di andare subito al pronto soccorso.

Appena entrata al pronto soccorso l’infermiera mi guardò, guardò gli esami e mi disse di mettere immediatamente la mascherina. Da quel momento, e per molto tempo, quel pezzetto di stoffa divenne un’inseparabile “amica” mai mollata. Immediatamente, proprio “tempo zero”,  venni chiamata per sostenere tutti gli esami necessari
Dopo alcune ore, prima a mio marito ed a mia figlia, arrivò la notizia “a sua moglie e alla tua mamma è stata diagnosticata una leucemia, ma per vedere il tipo e la gravità dovrà essere ricoverata con urgenza.”

Bum! Mi ricordo che era un sabato di maggio con un bruttissimo tempo, pioveva. Da lì la mia vita ebbe la sua svolta.

Così dall’ospedale di Lodi mi trasferirono subito al Policlinico San Matteo di Pavia nel reparto di ematologia.
Appena ricoverata dissero alla mia famiglia che la situazione era abbastanza grave e la Dottoressa comunicò ai miei cari che si doveva aspettare e vedere dove andasse l’ago della bilancia: verso la vita o verso la morte. Per mia fortuna andò verso la vita.

Inizia subito un ciclo di chemio abbastanza forte dopo i quali andavo sempre in remissione ma la mia unica speranza di vita era sostenere un trapianto di midollo e così mi misero in lista.

Mi considero molto fortunata perché dopo pochi mesi avevano trovato il mio donatore.
Non dimenticherò mai quel giorno. Ero in auto con mio marito e mi squillò il telefonino era l’ematologia di Pavia. Al momento, dopo quello che avevo passato, ero molto turbata e preoccupata. Risposi e dall’altra parte del telefono c’era la dottoressa che mi disse:
Signora Panzera volevo avvisarla che abbiamo trovato il suo donatore venga fra tre giorni al reparto trapianti per la preparazione.

Chiusa la telefonata iniziai a piangere di gioia e forse anche un po’ di paura per quello a cui sarei andata incontro.

Mi presentai al reparto trapianti e iniziarono tutti gli esami necessari per il trapianto.
Lì mi diedero tutte le informazioni sul mio donatore: era un ragazzo di 33 anni, di ottima salute, aveva il mio stesso gruppo sanguigno e che la compatibilità era al 99% il che era perfetta per il trapianto che avvenne poco più avanti.

Io continuerò a dire per sempre che devo la mia vita a questo grande uomo o ragazzo che sia, perché se non mi avesse donato il suo midollo io non ce l’avrei fatta.

La cosa che mi rammarica ed alla quale spesso penso è che, per le norme vigenti, non mi sarà mai possibile conoscere il mio “salvatore” e che quindi non potrò mai dirgli grazie grazie grazie grazie per avermi ridato la vita e la speranza di vivere.
..e come dice Ligabue… “E adesso che sei dovunque sei, Chissà se ti arriva il mio pensiero, Chissà se ne ridi o se ti fa piacere”.. ma io credo di si!

Donare è importantissimo, è un gesto che può salvare una vita.
Questa volta è capitata a me, ma in giro ci sono ancora molte persone in attesa…..
Grazie, di cuore.

Roberta

Fonte della testimonianza: admolombardia.org