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La testimonianza di Cristina

Ciao, mi chiamo Cristina, ho 35 anni e sono una sopravvissuta al cancro.
Era il 15 ottobre 2021 quando la mia vita è stata completamente stravolta. Ero una ragazza di 31 anni come tante, con tanti progetti, obiettivi e sogni nel cassetto. La mia vita stava andando piuttosto bene, anche se con qualche fatica e difficoltà… ma chi non ne ha?
Vivevo da sola e avevo appena avuto una promozione al lavoro: avevo accettato l’incarico di coordinatrice psicologa presso una struttura.

Purtroppo, questo momento non sono riuscita ad assaporarlo perché poco dopo è arrivata la diagnosi, come uno schiaffo dritto in faccia: leucemia mieloide acuta. Mi ero recata al pronto soccorso della mia città pensando di avere il Covid; mai avrei immaginato una notizia del genere. In ambulanza sono stata trasportata al San Martino di Genova. Ripetevo a mia madre: “Non voglio morire, posso soffrire le pene dell’inferno, ma non voglio morire”.

L’universo mi ha preso in parola, perché da quel giorno è iniziata una battaglia davvero, davvero faticosa. Sono stata cinque mesi in ospedale, da ottobre fino a marzo. Ho passato le feste da sola, non ho visto la mia famiglia per tre mesi. È stata davvero dura… mi sono ritrovata ad affrontare una cosa così grande senza poter avere i miei familiari accanto. Ho patito molto la solitudine, ma ho trovato anche tanta forza interiore che non sapevo di avere.

La fede buddista mi ha aiutata ad affrontare quei momenti e a dare un significato a quel dolore. La verità è che non c’è una risposta: la malattia può capitare a tutti, sta a ognuno di noi cercare di trovare il senso della vita.

Insomma, ne ho passate di cotte e di crude. La chemioterapia è stata molto intensa: la mia leucemia era molto aggressiva, bisognava agire in fretta. La mia famiglia mi è stata molto vicina attraverso telefonate, video e messaggi, così come le mie amiche e i miei compagni di fede. Ho percepito le preghiere fatte per me. Ogni persona, a modo suo, mi ha aiutata. Gli infermieri e i medici mi coccolavano come fossi una bimba.

Mi sono anche protetta in quel periodo e mi sono poco esposta sui social, ma proprio quando stavo combattendo ho scritto la mia storia per l’Ail. Avevo letto esperienze incoraggianti e ho pensato: “Perché non scrivere la mia?”. Pensavo: Sto lottando ancora, però ho già vinto in ogni caso, perché sono qui a scrivere.

La malattia mi ha tolto tanto in quell’anno: non camminavo più e portavo il catetere e il pannolino. Inutile parlare della perdita dei capelli e di oltre 30 chili. Insomma, un disastro.

Il 9 febbraio 2022 finalmente è arrivato il giorno tanto atteso: il trapianto! Mia sorella Francesca, una tra le quattro, è risultata compatibile. È stata un’esperienza molto bella, anche se io non me la sono goduta pienamente perché stavo molto male, il mio corpo non ce la faceva più, e così sono entrata in coma per quattro giorni. Sembravo spacciata, e invece… piano piano i globuli bianchi da 0 sono diventati prima 100, poi 300 e, quando mi sono svegliata, finalmente 1600.

La mia dottoressa ripeteva quel numero e io, frastornata, ancora non ci credevo: dopo mesi, finalmente 1600 globuli bianchi. Da quando mi sono svegliata, tutto è stato in discesa. Sono tornata a casa il 17 marzo.

Mi sentivo spaesata, avevo ancora alcuni dolori fisici e non potevo fare nulla da sola. Mia mamma si è presa cura di me e, piano piano, anche con il supporto della mia famiglia — di mio padre, delle mie sorelle, dei miei nipoti e del mio cane — sono stata meglio. Pregavo tanto nella mia pratica. Non so se avrei reagito allo stesso modo se non fossi stata buddista.

Il mio maestro, Sensei Daisaku Ikeda, mancato nel 2023, mi ha dato tanta forza attraverso i suoi scritti. Ho sempre sentito dentro di me il coraggio di un leone, anche se mi sono sempre concessa di esprimere le mie emozioni, di piangere. Piangevo tanto in ospedale: piangere mi permetteva di sfogarmi e poi di ripartire. Cadevo e mi rialzavo, ballando e cantando, ridendo… ironizzavo sulla mia situazione e, nel frattempo, cercavo di incoraggiare più persone possibili.

Dopo due mesi a casa, tenuta come una bomboniera (raccomandazione testuale della dottoressa), con tanta fisioterapia e allenamento sono tornata a camminare, poi a guidare, poi a uscire da sola con le amiche. Dopo un anno esatto dall’uscita dall’ospedale ho preso in mano la mia vita, partendo dalla mia professione come psicologa. Mi sento molto realizzata oggi e felice di affrontare le fatiche quotidiane.

Sto imparando a vivere ogni giorno assaporando l’essenza della vita. La malattia, come dicevo, con una mano ti toglie… ma con l’altra ti dà. A me ha dato amore, vicinanza, forza, coraggio, più consapevolezza, capelli nuovi, un rapporto migliore con mio padre, gratitudine e autostima! Perché, diciamolo… hai una botta di autostima non indifferente dopo aver vinto una guerra così!

Non riesco quindi a vedere il cancro, per quanto spaventoso possa essere, come una cosa così negativa… perché io sono quella che sono oggi anche grazie a questa esperienza, e grazie a mia sorella che mi ha dato la possibilità di rinascere.

Ecco, il trapianto è stata una rinascita: mi sono sentita come una bambina piccola che ricomincia tutto da capo e deve ritrovare il suo posto nel mondo.

Oggi non posso dire di aver dimenticato tutto quel dolore, ma sono felice di essere riuscita in qualche modo a trasformarlo, a renderlo un punto di forza, una mia risorsa, un’esperienza unica e solo mia. Mi piace incoraggiare le altre persone a lottare, a darsi valore e a cercare di vivere al meglio la propria vita, cambiando le circostanze in cui si trovano se non stanno bene.

Attraverso il mio lavoro ho già la possibilità di aiutare tante persone, ma volevo condividere la mia esperienza per incoraggiare chi sta lottando.

Come già detto, io non sarei qui oggi a raccontare le mie vittorie, a vivere una vita normale fatta di lavoro o relazioni sentimentali che non vanno come vorremmo. Io non sarei qui se non fosse per il midollo di mia sorella, perché la sola chemioterapia non sarebbe bastata. Sono profondamente grata per questo, per essere viva.

Non tutti hanno questa fortuna, purtroppo, e quindi è importante iscriversi al registro dei donatori, perché con un gesto molto semplice è possibile salvare una vita.

Il primo mese di ricovero l’ho passato con una persona, una ragazza della mia età, mamma di una figlia di dieci anni. Con lei, Liliana, abbiamo condiviso momenti difficili e ci siamo date forza a vicenda quando i dolori erano insopportabili. Abbiamo avuto due percorsi molto diversi: lei aveva una leucemia linfoblastica acuta. Con il tempo siamo diventate amiche di sventure e abbiamo stretto un bel legame.

Liliana oggi non è più tra noi, o meglio, non su questa terra. Ci ha lasciati dopo quasi tre anni di lotta, perché non ha avuto un donatore compatibile. Non voglio soffermarmi sulle sensazioni che ho provato: è stata dura. Avevo tante domande nella testa, domande esistenziali, legittime, come… “Perché io sì e lei no?”.

È la vita, sì, è vero. Però noi oggi abbiamo uno strumento in mano: abbiamo la possibilità di salvare davvero tante vite grazie alla scienza, che ha fatto passi da gigante.

Oggi Liliana non c’è più, e lo trovo così ingiusto. Ma voglio ricordarla e onorare la sua lotta, cercando di vivere al 100% e di farlo anche un po’ per lei.

A febbraio saranno quattro anni dal trapianto. Ho paura? Certo, si vive con la spada di Damocle, ma ho tutto il supporto necessario: psicologo, massaggiatrice, estetista… Insomma, mi prendo cura della mente e del corpo. Faccio sport, nuoto e riesco a fare 60 vasche. Sono grata perché oggi riesco a dare valore a ogni singolo giorno, a ogni persona che entra nella mia vita e ad apprezzare ciò che ho in ogni momento: dalla vista di un tramonto a un tuffo al mare.

Voglio concludere con una frase che mi ha accompagnato per tutto il percorso:

“Quando soffri può sembrarti che questa sofferenza duri per sempre. Ma sii certa, non sarà così. L’inverno si trasforma sempre in primavera. Nessun inverno dura per sempre.”