“È il 18 luglio 2019, fa tanto caldo ma io sono nel mio ufficio con l’aria condizionata al fresco. Ricevo una chiamata dal laboratorio di analisi: “i suoi valori sono molto bassi, le faccia vedere immediatamente al suo medico”. Chiamo papà, papà gira le analisi al dottore: domani mattina consiglio ricovero non va per niente bene.
“Torniamocene a casa” dico ai miei in ascensore dopo le spiegazioni della caposala sull’accesso al reparto. E invece entro tiro dritto tutto d’un fiato senza guardarmi attorno fino alla mia camera.
Dopo una settimana “abbiamo escluso cellule tumorali” e quasi quasi respiri.
Dopo qualche giorno ancora mi sveglia la dottoressa: abbiamo una prima diagnosi, dice, aplasia midollare. Il tuo midollo non è più in grado di produrre un numero sufficiente di globuli rossi, bianchi e piastrine. Non esiste una terapia risolutiva per questo, l’unica soluzione è un trapianto di midollo osseo.
Se ne vanno. Mi lasciano lì sola in camera appena sveglia a cercare di realizzare quello che mi hanno appena detto.
Mezza diagnosi c’è l’hanno, una bella trasfusione di piastrine e possono finalmente dimettermi, andrò in day hospital due volte a settimana! Quando pensavo di essere vicina alla fine decidono di spedirmi a Genova per fare ulteriori analisi, ulteriori approfondimenti del caso.
Ematologia-Oncologia pediatrica all’Ospedale Gaslini di Genova.
Il trapianto è confermato, con tutti i suoi rischi, col suo bel ciclo di chemio e i miei capelli che cadranno. Ma come fa a non stringersi il cuore in mezzo a quei piccoli bimbi senza capelli che ti sorridono e che ti danno la forza di pensare che se c’è la fanno loro così piccoli piccoli come puoi non sopportare tutto questo anche tu.
La mia vita adesso dipendeva solamente dal dono che un’altra persona avrebbe fatto per me. Una ricerca lunga, che a noi sembrava infinita.
Non dimenticherò mai il giorno in cui là dottoressa ci comunicò che aveva trovato un donatore compatibile con me, idoneo e disposto a donare.
L’unica speranza che avrebbe messo finalmente fine alla sofferenza che io e la mia famiglia stavamo vivendo da mesi.
Mancava solo lo scoppiare della pandemia con il rischio che l’aereo che trasportava il mio nuovo midollo non partisse, ma quella sera la dottoressa bussò alla mia porta: “Chiara c’è l’abbiamo fatta! Il midollo è arrivato! Domani farai il trapianto”
Il mio nuovo midollo è arrivato dalla Germania con un aereo tutto suo.
Un ragazzo di soli 23 anni, tedesco, ha deciso di restituirmi alla vita e per questo gliene sarò grata per sempre. Senza il suo gesto oggi non sarei qui.”
…l’unica cura!
Fonte della testimonianza: Admo Siracusa