010 541784 - 345 511 3005 info@admoliguria.it

“Pronto? Parlo con Gaetano? Potresti fare un salto in ospedale? Avrei bisogno di parlarti un po’”. In quel momento ho capito tutto. Non avendo fatto esami o analisi nell’ultimo periodo, ho collegato, non so neanche io per quale motivo, alla tipizzazione che avevo fatto quando avevo circa vent’anni: è il mio momento, c’è una donazione importante da fare!

 

Da sempre donatore di sangue, potenziale donatore di midollo osseo e di organi.

 

Ma, ecco qua, dopo venticinque anni è arrivata la telefonata. Dalla potenza all’atto. Un’approfondita chiacchierata con la dottoressa in ospedale e poi mi è stata rivolta la domanda che secondo il protocollo va posta al donatore: “Confermi la tua scelta, andiamo avanti?” Non ho avuto neanche un attimo di esitazione: “Certamente, andiamo avanti! Come posso tirarmi indietro sapendo che da qualche parte c’è una persona, che probabilmente non conoscerò mai, che potrebbe salvarsi grazie alle mie cellule staminali emopoietiche? Andiamo avanti!”

 

Un leggerissimo timore, lo confesso, l’ho avvertito inizialmente soprattutto perché effettivamente sapevo poco delle modalità di prelievo. Timore che velocemente ha lasciato il posto alla tranquillità grazie alla bravura, alla professionalità, alla preparazione, alla gentilezza, alla cortesia, all’attenzione costante, dimostrata da medici, infermieri e personale ospedaliero.

 

Tante analisi per capire il mio stato di salute per poter proseguire il percorso che mi avrebbe portato alla donazione che nel mio caso sarebbe avvenuta attraverso il prelievo di cellule staminali emopoietiche (CSE) dopo la somministrazione di un farmaco che avrebbe permesso alle cellule stesse di trasferirsi nel sangue periferico: un prelievo simile a quello che viene effettuato per una normale donazione di sangue ma differente soprattutto per la durata, non dieci/quindici minuti ma qualche ora.

 

Dopo qualche giorno di preparazione il medico, considerandomi ormai pronto, ha dato inizio al prelievo. Qualche ora sul lettino costantemente monitorato da medici e infermieri, continuamente “coccolato” da tutti. Un’esperienza che rimarrà nel mio cuore e nella mia mente per sempre. Essendo sveglio ho avuto modo di riflettere davvero tanto. Ho pensato molto alla persona che, in qualche parte del mondo, era in attesa delle mie cellule staminali. Ho provato a immaginare il suo stato d’animo, le sue preoccupazioni, le sue speranze, sapendo che qualcuno stava facendo qualcosa per lui. In quella lunga mattinata ho immaginato di essere da solo su un sentiero di montagna e di incontrare un uomo in serio pericolo, in bilico, in procinto di cadere. Solo io avrei potuto salvarlo, non altri. Non lo avrei mai lasciato solo, anzi, avrei fatto di tutto per riportarlo in sicurezza. Questo è quello che ho provato durante la donazione: solo io, perché l’unico compatibile, potevo dare a questa persona la possibilità di una svolta nella sua  vita. No, non lo avrei mai lasciato solo. Un piccolo, piccolo sacrificio da parte mia per una persona che di sacrifici nella sua vita ne sta facendo tanti.

 

Grande emozione ho provato quando è arrivata una lettera inviatami da colui che ha ricevuto le mie cellule staminali, difficile da descrivere a parole.

 

Forza ragazzi, mi rivolgo a voi, cosa sarà mai qualche ora di prelievo sdraiato su un lettino in confronto a quello che sta vivendo una persona colpita da una malattia? Sapere che la soluzione è racchiusa in una donazione è fantastico!!! L’unico problema è che la lista dei potenziali donatori va rimpinguata: più si è, più è facile trovare la compatibilità tanto sperata da persone che continuano a credere nell’importanza del dono.

Giovani, avete forza e grinta da vendere. Un sacrificio di pochi giorni e regaliamo non un giorno ma la vita a qualcuno. Dimostrate a tutti quanto sono in gamba i giovani che non si tirano indietro di fronte alle necessità dell’altro.

Fonte dell’articolo: https://www.ibmdr.galliera.it/