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La battaglia della 21enne maceratese Anastasia Baroni: non volevo credere alla diagnosi, un colpo al cuore non poter stare con mio figlio durante le cure

 

Macerata, 25 gennaio 2023 – “L’abbiamo trovato, puoi contare su un donatore”. È quanto vorrebbero sentire al più presto la maceratese Anastasia Baroni e, più in generale, i tanti pazienti affetti da leucemia in attesa di effettuare il trapianto. “Da settembre – dice la ventunenne Baroni, madre di un bimbo di due anni – sono in attesa che si trovi un donatore”.

Baroni, quale tipo di leucemia le hanno diagnosticato?

“A fine luglio 2021 mi hanno detto che avevo la leucemia mieloide acuta, la cui caratteristica è la rapida progressione”.

Solo una persona ogni centomila è compatibile con chi è in attesa di un trapianto, cioè di una nuova speranza di vita: lei quante volte pensa a quell’uno?

“Da quando mi è stata diagnosticata la malattia, però non è un pensiero fisso, si affaccia ogni tanto. Innanzitutto dico grazie a chi si sta interessando al mio caso, però può anche darsi che quell’uno non sia ancora iscritto”.

Cosa direbbe a questa persona che lei sta aspettando?

“Lo ringrazierei perché non è da tutti mettersi a disposizione degli altri. Non saprò mai chi sarà il donatore o la donatrice, ma so che quella persona mi ha salvato la vita”.

C’è il timore che questo donatore non si trovi?

“Ho 21 anni e vivo con la paura che un giorno non possa esserci più, questa persona può darmi la vita, può farmi nascere una seconda volta. Come non potrei non pensarci? Gli sarei grata per sempre, perché è una perla chi aiuta il prossimo”.

Ma non c’è la possibilità che i suoi familiari possano essere i donatori?

“Sì, ma occorre vedere se c’è compatibilità: per questa ragione è stato scartato un mio fratello e con l’altro la compatibilità non è massima”.

Lei si è sottoposta all’autotrapianto sfruttando quindi le sue cellule e tessuti.

“L’ho fatto, ma dopo cinque mesi mi sono ammalata di nuovo. Ero recidiva, cioè la malattia era ritornata”.

Facciamo un salto indietro, qual è stata la sua reazione quando le hanno diagnosticato la leucemia?

“Non ci credevo, non volevo crederci”.

Da quel momento è iniziata la sua battaglia.

“Sono stata ricoverata per 40 giorni, poi sono tornata a casa per una settimana e mezza. Sono andata di nuovo in ospedale per altri 40 giorni e le due settimane e mezza successive le ho trascorse a casa, quindi un altro ricovero e poi l’autotrapianto”.

Che purtroppo non ha risolto il problema.

“A un certo punto l’ho capito da sola: ero stanca, affaticata, facevo fatica a svegliarmi. Gli accertamenti clinici hanno confermato i miei timori”.

In quel momento le è crollato di nuovo il mondo.

“Ho provato rabbia e fastidio di dovere lasciare ancora mio figlio, non potergli stare accanto è stato un altro colpo al cuore, perché avrei dovuto seguire lo stesso ciclo di terapie in ospedale fatto la prima volta. Da agosto sono stata seguita dal reparto di Ematologia di Verona dove ho fatto due cicli di cure (80 giorni di ricovero) e ora sto aspettando un donatore esterno per il trapianto”.

Come vive questi giorni in famiglia?

“Voglio viverli al massimo, li passo accanto a mio figlio e con il mio compagno. Cerco di non pensare al trapianto”.

La malattia ha toccato i suoi affetti più cari dovendo restare ricoverata a lungo, ma ha avuto effetti anche su altri aspetti?

“Sul piano fisico ed estetico: si perdono peso e i capelli. Ricordo quando dopo la prima chemio mi cadevano ciocche di capelli, mi sono rasata e ho la parrucca. Ma ha anche effetti nei rapporti con gli altri”.

In che senso?

“È una malattia che ti blocca: bisogna stare attenti se c’è il sole, prestare attenzione a non raffreddarsi o che il piccolo non torni dall’asilo con una malattia di stagione. È la socialità che viene forzatamente messa da parte perché tante cose potrebbero essere pericolose, specie quando sono sotto terapia”.

Cosa le ha lasciato condividere questo periodo in ospedale con chi ha il suo stesso problema?

“Ho visto persone di tutte le età. Il fulcro di ogni discorso è che c’è nel mondo chi può mettersi a disposizione e dare una speranza di vita a una mamma, a un bambino, a una persona”.