Non inizierò con “C’era una volta una principessa..”, ma con ” driin!”
Il telefono squillò tempo fa, durante una classica giornata lavorativa e dall’altro capo del telefono “Genoveffo” (nome di fantasia) mi comunicava che una persona aveva bisogno del mio midollo. Il mio gemello genetico aveva bisogno di me!
Che dire se non ” SI LO VOGLIO! “
In pochi minuti quella telefonata mi stravolse il pomeriggio, dandomi una data ben precisa per la donazione, già fissata, e qualche appuntamento per i giorni successivi. Dopo un breve panico organizzativo lavorativo, ero entrata in mood donazione: la mia mission era rimanere sana e in salute per il seguente mese e mezzo, al riparo da influenze invernali e virus pandemici.
Durante questo lasso di tempo, feci varie gite turistiche in ospedale per dei controlli, accompagnata sempre dalla mia “guida personale” Genoveffo, che mi faceva compagnia durante i vari esami e risolveva qualsiasi mio dubbio.
Cinque giorni prima con il mio “frigorino” alla mano, lo stesso che la mamma mi preparava ogni giorno per andare al centro ricreativo estivo, andai in ospedale per ritirare il fattore di crescita: delle punturine per aumentare la quantità delle cellule emopoietiche presenti nel sangue ; super-cellule che poi sarebbero state raccolte da una macchina tramite un prelievo.
Il giorno X, dopo un prelievo veloce, ero davanti ad una brioche a far colazione in ospedale, in attesa che anche l’ultima “pagella” di esami mi promuovesse. Promossa e carica, ero pronta a passare il resto della giornata sdraiata in un letto…
Tra un pisolino e qualche chiacchera con le infermiere, in poche ore riuscii a raccogliere tramite aferesi tutto ciò che una persona dall’altra parte dell’oceano, del mondo aveva bisogno per sperare.
Quel giorno ho donato una speranza
e, qualche mese dopo la donazione, ho ricevuto una lettera dal mio gemello genetico: mi ha scritto di avere ricevuto tempo e vita da passare con i suoi cari e che tutto stava procedendo per il meglio.
Tramite poche parole non riesco a descrivere al meglio questa esperienza. Donare ti sconvolge la vita, ti emoziona e ti lega per sempre a questa persona anonima. Per legge non è consentito conoscere la reciproca identità, ma è possibile scambiarsi lettere anonime. Ricevere queste lettere sono una ventata di vita che questa persona mi dona ogni volta.
Sono giunta alla conclusione che il termine corretto non è ” donazione di midollo”, ma un interscambio di vita.
Questa persona ha ricevuto una speranza, ma io ho ricevuto uno sguardo nuovo alla vita.
Credo che tutti i giovani appena maggiorenni dovrebbero cogliere al volo l’opportunità di aiutare il prossimo, iscrivendosi al Registro nazionale dei donatori di midollo, non solo per dovere civile, ma anche per questo interscambio di vita umana.
Io non ricordo cosa mi spinse ad iscrivermi, ma spero che queste parole giungano a te che potresti essere l’1 su 100.000 compatibile con una persona bisognosa per donarle speranza e vita!
Stefania
Fonte della testimonianza. www.admolombardia.org